Sì dolce è'l tormento
Early Baroque's Love Songs & instrumental music
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MARTA REDAELLI
Parallelamente agli studi in Psicologia e in Human Resource, si laurea a pieni voti in Canto Rinascimentale e Barocco presso il Conservatorio di Trento sotto la guida di Lia Serafini. Approfondisce il repertorio barocco con Sonia Tedla Chebreab, Sara Mingardo, Monica Bacelli, Roberto Balconi, Alessandro Quarta e Rinaldo Alessandrini, ed il repertorio liederistico con Ulrike Sonntag e Thomas Seyboldt.
Collabora con vari direttori tra cui Giulio Prandi, Fabio Bonizzoni, Francesco Corti, Maxim Emelyanychev, Alfredo Bernardini, Markus Poschner, Roberto Zarpellon, Marian Polin, Lorenzo Ghielmi, Vittorio Ghielmi. Si è esibita come solista in sale e festival di prestigio internazionale, quali: Het Concertgebouw (Amsterdam), Oude Muziek (Utrecht), Festival d’Ambronay, Festival de la Chaise Dieu, Internationale Händel-Festspiele Göttingen, Kartause Mauerbach (Vienna), Teatro Filarmonico di Verona, Pavia Barocca, Teatro Comunale di Ferrara, Scuola Grande di San Rocco (Venezia), Festival Pergolesi-Spontini (Jesi), Trento MusicAntica, Teatro Olimpico (Vicenza), Brixner Initiative Musik und Kirche, Settimane Musicali Meranesi, Monteverdi Festival (Cremona), Wratislavia Cantans (Breslavia).
Marta Redaelli, soprano
Accademia Strumentale Italiana
Alberto Rasi, viola soprano & dir.
Teresina Croce, viola tenore
André Lislevand, viola bassa
Riccardo Coelati Rama, violone
Giovanni Paolo Cima Sonata à Quattro (Concerti Ecclesiastici, 1610)
Luigi Rossi Begl'occhi che dite (Cantate Italiane 1670 -1699)
Luzzasco Luzzaschi Toccata del 4° tuono (Venezia 1625)
Luzzasco Luzzaschi Ch’io non t’ami, cor mio (Roma 1601)
Gioseffo Guami Canzon VII Cromatica (Venezia, 1608)
Giulio Caccini Dovrò dunque morire?
Giulio Caccini Amor ch’attendi (Le Nuove Musiche, Firenze 1602)
Cesario Gussago Canzon à 4 La Fontana (Sonate a 4… 1608)
Giaches De Wert Vezzosi Augelletti (libro IV, 1586)
Girolamo Frescobaldi Bergamasca (da I Fiori Musicali, Venezia 1635)
Claudio Monteverdi Quell’augellin che canta (Venezia 1603)
Claudio Monteverdi Sì Dolce è’l tormento (Venezia 1624)
Biagio Marini Passagallo a 4 (Venezia, 1655)
Salomone Rossi Cor mio, deh non languire (Venezia 1600)
Biagio Marini Canzon Terza à 4 Tromboni o Viole (Venezia 1629)
Claudio Monteverdi Voglio di vita uscir
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In the aesthetic perspective of seventeenth-century music, word intelligibility imposed itself as its most determining factor: a result of new ‘representational’ needs, aimed at striking its listeners’ souls («animi delli ascoltanti») with a fuller and more immediate understanding of the text being sung.
The strategies employed to achieve this were manifold: from styles of polyphonic writing favouring freedom of movement in the upper line, to the unweaving of the multi-voiced mass into smaller, alternating aggregates. The texts of such madrigals are chiselled with even greater detail when sung by a single voice whilst the remaining voices are entrusted to an instrumental ensemble, preferably viols, as recommended in the sixteenth century sources, since they are capable of producing sustained sounds («che hanno la tenuta di voce»).
Another available strategy was the entirely novel frontier of solo singing («cantar solo») on a basso continuo, which polarises the sound texture into just two lines, voice and harmonic bass. The manageability of this format allows for a wide variety of expressions, from a madrigal-like gravitas to the light-heartedness of a canzonetta. The choice of realising the basso continuo with a viol consort («corpo di viole») bridges the polyphonic and monodic sides of this transition. The solid basis provided by the instrumental continuo allows the voice full freedom of movement, even in the most virtuosic of pieces, paving the way for the dramatic contexts of the operatic aria.
The pieces of instrumental polyphony are well integrated into this process, illustrating the transition from the sixteenth century canzoni da sonar, from which instrumental polyphony hailed, to the new century, which will continue to cultivate canzoni for a few more decades before relinquishing its space in instrumental music entirely to the newly emerging sonata.
Nella prospettiva estetica del Seicento musicale la intelligibilità della parola si impone quale fattore determinante, a fronte delle nuove esigenze rappresentative intese a colpire gli «animi delli ascoltanti» con una più piena e immediata comprensione del testo cantato.
Varie sono le strategie a tal fine adottate: da una scrittura polifonica che privilegia la libertà di movimento della linea superiore, alla scomposizione della compagine a più voci nell’alternarsi di aggregazioni più piccole. Ancor più si scolpisce la parola se in questi madrigali il canto s’affida a una sola voce, mentre le altre passano a un corpo strumentale, meglio se di viole «che hanno la tenuta di voce» come già nel Cinquecento si raccomandava.
V’è poi il versante tutto nuovo del «cantar solo» su basso continuo che polarizza l’intera trama sonora su due sole linee, canto e basso armonico. La maneggevolezza della struttura consente qui una larga varietà di atteggiamenti, dalla gravitas di matrice madrigalistica alla piacevolezza da canzonetta. La scelta di realizzare il basso continuo con un «corpo di viole» costituisce il tratto d’unione fra i versanti polifonico e monodico di questo percorso. La solida base del continuo strumentale consente alla voce piena libertà di movimento anche in brani a più alto tasso virtuosistico, già affacciati ai contesti drammatici dell’aria operistica.
Bene si integrano in questo percorso i brani di polifonia strumentale che mostrano il transito della canzone da sonar dal Cinquecento, in cui è nata, al nuovo secolo nel quale ancora per qualche decennio si coltiva, prima che lo spazio della musica strumentale venga tutto occupato dall’emergente sonata.